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Arte

QUANDO I FUMETTI RACCONTANO LA REALTÀ

Manara

Milo Manara non ha bisogno di presentazioni. La sua arte è riconosciuta in tutto mondo. Bologna gli rende omaggio con una monografica a Palazzo Pallavicini

di Alessandra Arini

 

Si dice che i fumetti raccontino la verità usando la fantasia. E si dice anche che la verità e la fantasia si sappiano confondere facilmente quando il racconto che viene fuori dalle immagini è così concreto ma anche mistico da assomigliare alle nostre vite o al nostro modo di immaginarcele. Di questa simbiosi ricca e preziosissima di realtà e immaginazione è completamente intrisa la produzione di Milo Manara, re dei fumettisti italiani e internazionali a partire dagli anni ’70.

E proprio a lui e alle sue opere è dedicata la mostra Nel segno di Manara, a Bologna fino al 21 gennaio prossimo, nella splendida cornice di Palazzo Pallavicini. Fumettista poliedrico, ma anche molto affezionato alla sua prima impronta, ha incantato con le sue illustrazioni tutta l’Europa degli ultimi decenni del Novecento, avendo spaziato dal mondo dei fumetti a quello più ampio e variegato dell’arte in generale.

È probabilmente il viaggio in opere più grande realizzato finora in suo onore, perché più che di una mostra si tratta di un’antologia vera e propria della vita dell’artista. Suddivisa in ben sette sezioni, ogni rappresentazione esposta cerca infatti di mimare l’iter cronologico del percorso umano e intellettuale dell’autore, nel tentativo di fare sentire il visitatore parte di un’empatia.

In ogni personaggio creato da Manara, infatti, che siano quelli dei suoi primi fumetti polizieschi oppure quelli che riguardano la produzione dell’ultimo periodo, c’è sempre una sorta di indizio nascosto che invita a spostarsi dall’immagine in senso stretto a una seconda visione più meditata. Manara dice, e lo fa sia in maniera espressa che in maniera tacita, disegnando nel suo modo, che se già il disegno è qualcosa che di per sé va oltre, nella sua arte c’è qualcosa che va addirittura oltre il disegno. Lui vuole raccontare l’etica, i pregiudizi, lo scandalo, i dettagli che hanno significato.

E per questo il bianco e il nero, quando decide di usarli, non sono soltanto il bianco e nero, ma anche la luce e il buio, il bene e il male. Naturalmente il suo talento generoso non ha mancato di attirare l’attenzione delle personalità intellettuali più diverse, proprio per questo quello di Manara è stato un percorso sì individuale ma anche ricchissimo di collaborazioni durature nel tempo, e la mostra di Palazzo Pallavicini riesce bene anche a riprodurre questo intreccio tra il mondo del fumettista e quello dei suoi prestigiosi compagni di viaggio.

Nella prima sezione della mostra troviamo le tavole del suo primo periodo, tra cui Un fascio di bombe, finora esposte solo in rarissime occasioni. È stata la prima narrativa a fumetti dell’attualità italiana, riuscendo a descrivere con audacia la strategia della tensione e per questo è arrivata anche al grande pubblico. Ancora, un’altra parte dell’esposizione è dedicata alle avventure in immagini di Giuseppe Bergman, personaggio di fantasia che nasce dalla collaborazione duratura di Manara col maestro Hugo Pratt. Bergman è stato l’alter ego diManara per tutta la sua vita, lo ritroviamo, infatti, costantemente nel tragitto dell’autore e nelle sue evoluzioni e tutte le opere scelte per la mostra bolognese tracceranno passo dopo passo questa corrispondenza.

Proseguendo in questa visita immaginaria, vediamo anche le tavole di Viaggio a Tulum e tutte le altre della preziosa sinergia con Federico Fellini. Tra i due è nata prima un’amicizia disinteressata a qualsiasi tipo di connubio professionale, ma poi l’intuito di entrambi li ha portati alla produzione condivisa di questi piccoli grandi capolavori.

Un altro spaccato importante è quello dedicato alle illustrazioni ispirate dai testi di Shakespeare, toni e tinte ancora più estroverse della sua personalità ed espressive del suo modo di raccontare in disegno la letteratura. Ancora, in anteprima assoluta, l’esposizione delle tavole del secondo volume del Caravaggio.

Il primo volume aveva consacrato in maniera definitiva Manara a una platea più ampia, e ora ritorna questa nuova edizione a proseguire la collana del best seller che il fumettista aveva dedicato a Michelangelo Merisi. Una delle ultime sezioni, assieme a quella che raccoglie le sue produzioni più recenti, vede invece interamente protagonista Brigitte Bardot, musa di numerosissimi suoi acquerelli.

E proprio Brigitte diventa simbolo di quello che è un altro dei temi chiave della mostra: le donne. Un tema che non è relegato a una sezione prescelta, ma che si snoda per tutte le illustrazioni. Manara ha disegnato le donne per tutta la sua vita e lo ha fatto raccontandole senza veli. Non un’ostentazione del nudo, ma anzi un racconto della simbologia femminile e dei suoi segreti.

Le sue donne hanno sempre sguardi importanti e significati non apparenti, assieme alla prima immagine della sessualità, che è la più immediata, si accompagnano quelle della bellezza, dell’intelligenza, del costume sociale e della cultura. Manara è, quindi, un uomo e un personaggio complesso quanto affascinante, che abbiamo l’occasione di cogliere in questa esposizione in un ritratto inedito e più personale.

Dall’attualità all’eros, dalla fantasia alla satira, il suo linguaggio di immagini non risparmia nessun campo e aggiunge qualcosa a ogni pagina del suo tempo. Bologna, con i suoi contrasti e i suoi colori accesi, si presta bene a ospitare questa splendida mostra e a fare emergere con grazia quello che vogliamo rivedere ma anche quello che di quest’artista dobbiamo ancora conoscere.

 

Nel segno di Manara.
Antologica di Milo Manara
Palazzo Pallavicini, Bologna
Fino al 21 gennaio 2017

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