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L’ISTINTO DI JASELLI

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L’artista è un caso unico nel panorama italiano del pop-rock. Mai passato attraverso i discutibili talent, musicista con tanta gavetta alle spalle e tanti chilometri percorsi a portare la sua musica dal vivo in giro per l’Italia. di Guido Biondi

 

Jack Jaselli è un caso unico nel panorama italiano del pop-rock. Artista puro, mai passato attraverso la sciagura dei talent, musicista con tanta gavetta alle spalle e tanti chilometri percorsi a portare la sua musica dal vivo in giro per l’Italia. Con un album di debutto eccellente (It’s Gonna Be Rude, Funky, Hard) e un Ep acustico di rara bellezza (I Need The Sea Because It Teaches Me), Jaselli in breve tempo ha conquistato quasi tutti gli “addetti ai lavori”, ricevendo un consenso dalla critica musicale e di un pubblico fedele. Monster Moon, il suo ultimo disco, è un salto di qualità nel quale l’artista è “centrato” e diretto come mai prima d’ora. Lo testimonia la forza del singolo “The End”, un piccolo capolavoro con una caratura internazionale. Oltre ad essere un valido chitarrista Jack è un lettore accanito, si è laureato con lode in Filosofia e, appena può, viaggia in giro per il mondo. Ha suonato in apertura dei concerti di Ben Harper e Fink; la sua band è composta da Nik Taccori e Max Elli. Uno dei suoi sogni nel cassetto è di farsi produrre un album da Daniel Lanois.

Monster Moon si può definire quasi “un nuovo inizio” della sua carriera artistica, quasi uno spartiacque rispetto al passato, è così?
Questo disco è nato dopo quasi due anni di un tour bellissimo e dopo l’incisione di un album acustico, da me considerato un’autentica follia. Quando si sono fermate le bocce di questa partita che abbiamo giocato – nell’assoluta incertezza – ci siamo resi conto che eravamo senza etichetta discografica e senza il nostro abituale promoter. Eppure, nonostante tutto, io sentivo il bisogno di fare un nuovo album. L’ho vissuto come una grande scommessa: proviamo a giocarci tutto! Con i soldini messia da parte dal tour ho deciso di partire con la band: le nuove canzoni avevano il profumo della California e lì siamo andati. L’imperativo categorico è stato: facciamo un disco come piace a noi, senza interferenze. Abbiamo trovato un produttore che ha sposato la nostra causa (Ran Pink, n.d.r.) e abbiamo registrato con lui a Los Angeles.

Alla fine avete siglato con una major discografica, com’è successo?
Siamo stati assolutamente colpiti dal fatto che una major abbia preso il nostro disco fatto esattamente come volevamo noi, un “pacchetto completo”, ed è piaciuto tanto da pubblicarlo. Per adesso siamo pienamente fiduciosi degli sviluppi: considera che per noi le major erano quelle che ci dicevano – attraverso i loro rappresentanti – “dovete andare a X Factor”, “dovete cantare in italiano”. E adesso hanno accettato un disco interamente in inglese.

“The End” è uno dei singoli pop-rock più belli degli ultimi anni. Con questa canzone e con il vostro album come siete stati accolti dalle radio italiane? E pensate di puntare al mercato estero?
Il singolo è andato bene, è stato nella top 100 per un buon periodo. Il mercato internazionale è la nostra “mission” e ci auguriamo che con la struttura della major si riesca nell’intento. Da soli è abbastanza dura.

Per chi vuole fare un disco non omologato quale consiglio può dare? Può bastare You Tube per emergere o bisogna passare per forza da un talent? E come mai mancano i giovani produttori e vediamo artisti affidarsi sempre agli stessi nomi?
Dipende da ciò che uno vuole. Nel mio piccolo mi auguro di aprire una strada… La gavetta bisogna farla, è necessario trovare la propria strada oltre a vedere i percorsi già tracciati. Si lavora spesso su uno stereotipo di business locale e quelli sono i sistemi, sappiamo che risultati possono dare. Mi ricorda il gioco dei quadrati e delle stelline che facevamo da piccoli, se non ci entri non succede niente. Uno la sua “formina” se la deve aprire da solo… Io credo che ci siano tanti produttori bravi e giovani. Il problema è che se fai parte – come nella maggioranza dei casi – della catena di montaggio vale la regola “se quello ha fatto funzionare quella canzone andiamo da lui”. È come mettere un “trucco e parrucco” senza troppo preoccuparsi dell’originalità. Se va di moda il biondo andiamo su quello. Una catena di montaggio di ottimi professionisti ai quali – per forza di cose – viene a mancare il tempo per fare bene il proprio lavoro. Ci sono steccati di genere che all’estero non esistono: se canti in inglese – come nel mio caso – è semplicemente il mio modo di esprimermi.

Qual è, in sintesi, il significato principale “tra le righe” di Monster Moon?
Dopo alcuni dischi nei quali il “focus” era la ragione ho cercato di comunicare che anche la notte, l’assenza di una luce della ragione tendente ad analizzare e chiarificare, il lasciarsi andare alla propria parte istintuale delle emozioni, può essere saggezza.

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