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Arte

2050. BREVE STORIA DEL FUTURO

2050

Quarantasei grandi artisti internazionali in una esposizione ispirata al saggio di Jaques Attali. di Bruno Quiriconi

 

Dipinti, sculture, foto, video, installazioni: cinquanta opere d’arte contemporanea di quarantasei grandi artisti internazionali, indagano il nostro futuro in una esposizione ispirata al saggio Breve storia del futuro di Jacques Attali (pubblicato nel 2006 e rieditato nel 2016 da Fazi Editore, aggiornato ai nuovi scenari globali). La mostra, a cura di Pierre-Yves Desaive e Jennifer Beauloye, presenta attraverso una selezione di opere recenti, il modo in cui gli artisti contemporanei osservano il presente per condurre una riflessione sul futuro così come esso si delinea ai nostri occhi. Conflitti globali, mutazioni genetiche, diseguaglianze sociale ed economiche, sfruttamento delle risorse naturali compongono il complesso panorama dei prossimi decenni; gli artisti di 2050 interpretano queste tematiche complesse e invitano a ri-pensare il tempo che verrà con visioni anche costruttive e talvolta ironiche. La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e la casa editrice Electa, in collaborazione con i Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles dove il progetto ha preso vita con una doppia esposizione (Musées Royaux – Louvre) terminata a gennaio 2016. Il percorso di mostra, diviso in otto sezioni, è articolato intorno a diversi nuclei, liberamente ispirati agli interrogativi sviluppati nel saggio di Attali. Tutto ha inizio negli anni Ottanta a Los Angeles (evocata nei lavori di Chris Burden, Edward Burtynsky, Edward Ruscha, Tracey Snelling…), la città natale del microprocessore che, in arte, ha ispirato le sperimentazioni con il computer di Charles Csuri e Masao Kohmura. Al fermento della modernità della Silicon Valley, al consumismo e al capitalismo segue poi il declino dell’Impero americano, identificato in mostra con gli attentati dell’11 settembre 2001 nelle immagini di Wolfgang Staehle e Hiroshi Sugimoto; la tragica vicenda segna uno sconvolgimento politico su scala planetaria di cui ci parlano i lavori di Mark Napier, Alighiero Boetti, Mona Hatoum.

 

Jacques Attali descrive in questa fase storica l’avvento di un “iperimpero” nel quale le diseguaglianze economiche diventano la norma, una tematica testimoniata nelle opere in mostra di AES+F, Andres Serrano, Aaron Koblin o Gavin Turk. L’iperimpero, nel quale anche il tempo diventa merce (con le opere di Gustavo Romano, Roman Opalka, On Kawara) e dove il corpo umano si trasforma per incontrare la macchina (i lavori di Stelarc, Hans Op de Beeck), si deve confrontare con molteplici calamità: sovraconsumo (John Isaacs), sovrapopolazione (Michael Wolf, Yang Yongliang) e sovrasfruttamento delle risorse naturali e inquinamento (Olga Kisseleva, Robert Mundt). Quando le tensioni nate da tali disequilibri diventano insostenibili, sopraggiunge “l’iperconflitto”, sempre nel pensiero di Attali, agevolato da un crescente accesso alle armi di distruzione di massa (Gregory Green) e sostenuto da ideologie religiose distorte (Al Farrow). A fianco di questa visione catastrofica, l’esposizione propone anche opere che fanno eco alla “iperdemocrazia” definita da Jacques Attali, la quinta ondata del futuro che potrebbe sfociare in un mondo migliore, così come lo evocano i lavori di Bodys Isek Kingelez, Mark Titchner, Gonçalo Mabunda, Jean Katembayi Mukendi o il progetto Little Sun. La mostra è realizzata con il sostegno di Alcantara. Jacques Attali: economista, giornalista, consigliere di Stato di Mitterrand, è stato primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, oltre a essere direttore e cofondatore di ONG a favore dei paesi del Secondo e Terzo Mondo. Intellettuale di fama internazionale ha scritto numerosi libri tra saggi (su una varietà di temi che vanno dalla matematica all’economia alla musica), memorie, biografie e anche libri per bambini. Nel suo celebre saggio Breve storia del futuro (Fazi editore) analizza come l’umanità, fin dalle sue origini, sia passata attraverso diversi “ordini”: l’ordine religioso, l’ordine militare e infine quello mercantile – vale a dire il capitalismo liberale –, che finisce per imporsi in Occidente all’inizio del XIII secolo. La storia di questo sviluppo economico si articola intorno a nove diverse città, indicate dall’autore come altrettanti “cuori” che hanno potuto trasformare le evoluzioni tecnologiche in motori economici (Venezia e la galera mercantile, Anversa e la stampa, Londra e la macchina a vapore, Boston e il motore a scoppio…). Il nono e ultimo cuore della storia è Los Angeles con il microprocessore, la cui comparsa forgerà il mondo nel quale viviamo oggi. La storia allora cambia ritmo per assumere la forma di cinque “ondate del futuro” per i prossimi cinquant’anni:

  1. Il declino relativo dell’Impero americano. Oggi l’Impero americano è in declino, come lo fu a suo tempo l’Impero romano. La maggior parte dell’umanità adotta i valori occidentali, senza che un nuovo impero domini il mondo.
  2. Un mondo policentrico. Dodici nazioni più potenti delle altre tentano di organizzare una parvenza di ordine mondiale, ma non possono instaurare uno stato di diritto planetario giusto e sostenibile né controllare il clima.
  3. L’iperimpero. Le grandi aziende impongono al mondo le proprie regole e assicurano l’ordine attraverso strumenti privati di sorveglianza, poi di autosorveglianza e di autosanzione. Tutto diventa merce: il tempo, le idee, le persone e i loro amori, fino a trasformare gli esseri umani in robot, cloni di robot.
  4. L’iperconflitto. Le autorità militari, sulla base di nuove ideologie che aspirano a dare un significato al lungo termine, tentano di imporre soluzioni totalitarie. Queste violenze convergono in un conflitto globale nel quale entità statali e non statali si distruggono a vicenda.
  5. L’iperdemocrazia. Dopo l’iperconflitto (se l’umanità sopravvive) o al suo posto (se si riesce a evitarlo), si instaura una “società positiva” che concilia l’interesse delle generazioni future con le esigenze della libertà. Ciò presuppone la fondazione di un ordine di diritto democratico, armonioso e duraturo, planetario e locale, basato sulla forma più intelligente dell’egoismo, l’altruismo.
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