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RAUL CREMONA, L’ARTE DELL’ILLUSIONE

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Raul Cremona ha realizzato uno dei suoi sogni, un Festival della magia al Teatro Manzoni con una serie di sold-out. Oltre al suo show itinerante è in uscita il libro Il grande Zirmani. Nell’intervista a Itaeventi racconta la sua passione per la magia. di Andrea Thomas

 

“Un mago non deve mai fare i complimenti a se stesso, deve prima esibirsi…”

L’intervista a Raul Cremona

Quando ha capito di voler fare l’illusionista?
Noi dell’ambiente diciamo che si tratta del “bacillus magicus”. È un qualcosa che scatta ad un certo punto della vita non sapendo bene il perché. Nel mio caso lo ricordo bene: avevo otto anni quando mia nonna mi regalò una scatola, era il 1968. Qundi prima ancora dell’avvento in tv di Silvan avvenuto nel 1969 con la trasmissione Scala reale condotta da Peppino De Filippo. In questo programma il mago produceva con le mani delle carte con la scritta Scala reale. Prima ancora ricordo di aver visto – durante la Tv dei ragazzi – due mani bianche che spuntavano dal nero: credo fossero di un prestigiatore inglese e la trasmissione si chiamava Occhio al trucco.

Quelle mani mi catturarono subito insieme alla scatola regalata di mia nonna contenente un libricino di Ranieri Bustelli, un famoso illusionista del secolo scorso. Nel Festival della magia che ho organizzato lo scorso gennaio al Teatro Manzoni di Milano, ho cercato di riproporre proprio quei sapori tipici di Bustelli. Nella scatola c’erano anche le carte, la bacchetta e il cilindro.

Quindi era il sogno che voleva realizzare “da grande”?
Per me è stata subito passione; credo si tratti di attrazione come succede spesso quando scopri la musica: prendi la chitarra, la guardi, la giri, ti accorgi della forma e provi a suonarla.

Quando ha iniziato ad esibirsi?
All’inizio davanti agli amici verso i diciassette anni. Mi iscrissi al Circolo magico di Milano, del quale oggi sono Presidente.

Si possono iscrivere anche i bambini?
Direi che va bene per i bambini che sono dentro gli adulti. È un arte un po’ complessa: l’ideale è iniziare verso i quattordici anni. Molti iniziano guardando You Tube, soprattutto per i giochi con le carte. Anche se credo che la vera consapevolezza si raggiunge verso i diciassette anni. Nella prestigiazione ci sono tantissime discipline: la chimica, la fisica, psicologia, recitazione, un insieme di parametri complessi come il linguaggio del corpo ad esempio. Molti lasciano perdere dopo un po’ di tempo, alcuni hanno una passione innata: prosegue chi ha un microcosmo dentro.

Prestigiatore e illusionista sono due “professioni” diverse?
È la stessa cosa: mago, illusionista, prestigiatore. A queste parole si possono dare molti significati. Mago può essere un sacerdote, un rabbino; nella cultura ebraica lo erano anche i cabalisti. È mago anche chi fa i giochi di prestigio.

Lei sul palco propone illusionismo?
Si, grandi illusioni: la donna entra in una scatola poi sparisce e ne appare un’altra. Un’illusione.

Quindi non c’è la velleità di fare qualcosa di soprannaturale?
La velleità è quella di simulare il soprannaturale. In realtà in questo teatro del soprannaturale si cerca di trasformare la realtà, che poi è quello che avviene nel teatro.

Ma nel privato viene mai voglia di tentare qualcosa di soprannaturale?
Parliamo di malandrini: uscirà a breve un mio libro nel mese di maggio che si chiamerà Il grande Zirmani. È la storia di un veggente che è vissuto nel secolo scorso. E anche un pretesto per raccontare una biografia lacunosa di un personaggio che vive abusando della prestigiazione. Si può abusare della prestigiazione per millantare poteri soprannaturali. Quindi la risposta è questa: si può usare l’illusionismo per imbrogliare mentre la professione del prestigiatore è una carriera tutta improntata a divertire il pubblico e a smascherare tutti coloro che usano l’illusionismo. È una vocazione artistica.

C’è anche l’ipnosi nelle sfumature dell’illusionista?
Si. Ventriloquia, mentalismo, chimica, scienza, fisica. Se io gratto il muro e vedi una macchia e lo faccio passare come illusionismo, lo diventa. È l’arte di far credere agli altri di simulare il soprannaturale.

Quindi – nella sostanza – un illusionista che sale su un palco è un personaggio istrionico che cerca di affabulare?
Prendiamo l’esempio del manipolatore di tortore: l’autore fa lo stesso numero per tutta la vita e dura in totale undici minuti. Lui sostiene che quando appaiono le tortore nelle sue mani non crede ci sia una tecnica. È convinto che appaiono veramente nelle sue mani. Del resto se me ne convinco io forse si convince anche il pubblico. L’arte dell’illusionismo è anche una compenetrazione dell’artista nel ruolo ovvero “io sono il mago e faccio la magia”.

Il Festival della magia durato alcuni giorni è stato un grande successo, sempre sold out. Diventerà un appuntamento fisso? Ci sarà anche un suo tour individuale? E in tv?
Lo spettacolo teatrale che porto in giro si chiama Prestigi. Ho investito molto sul Festival della magia al Teatro Manzoni di Milano: non sto pensando di farlo diventare un appuntamento itinerante ma ripeterlo come appuntamento fisso proprio a Milano, soprattutto vista la grandissima risposta del pubblico. Ogni mago ha una città nella quale è più popolare di altri: se vado a Cremona trovo il mio pubblico ma a Firenze c’è chi –magari – preferisce un toscano e così via.

La sua formula è un misto di illusionismo e cabaret e il pubblico la gradisce molto.
Il cabaret è nato in televisione con Zelig del quale sono socio fondatore. Uno dei primi spettacoli di questo tipo, una pedana vera. È arrivato al suo punto massimo di esposizione. Noi venivamo da una scuola che prevedeva nipoti del varietà: quindici anni di gavetta, minimo. Adesso basta mettersi su You Tube e via. Con questa comunicazione veloce è facile anche accellerare in tv e altrettanto facilmente andarsene. Invece la nostra scuola significava vivere di Drive in per dieci anni, di Mai dire gol per sei. Oggi se qualcosa dura un anno è tanto.

In questi tempi di frammentazione diventare Silvan oggi è impossibile?
Impossibile perché quel tipo di illusionismo era contemplato nel varietà. Il varietà non esiste più, è anacronistico. È bello pensare un Silvan nella tradizione piuttosto che nella continuità. I Silvan di oggi si chiamano Dynamo, Derren Brown, Criss Angel…

Ha ancora sogni nel cassetto?
Mi piacerebbe – nella mia fase di maturità – avvicinarmi a un pubblico giovane. Per giovane non intendo i ragazzini: a loro dedico un programma ideato da me su Rai Gulp che si chiama Magic. In Italia la magia non può funzionare: l’illusionista classico deve andare all’estero perché si lavora a differenza che da noi. Soprattutto da noi c’è poca richiesta, abbiamo pochi teatri dedicati a questo; poi siamo tartassati di tasse. Io porto artisti internazionali su un palco dal vivo, non in tv. Riesco – nonostante tutto – a investire grazie alla mia grande passione, quella nata con la scatola della nonna.

Sito ufficiale di Raul CremonaSito ufficiale

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