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POOH

I Pooh festeggiano il cinquantennale della loro lunghissima carriera. Con una vera sorpresa, anzi due: il ritorno di Riccardo Fogli e Stefano D’Orazio. L’occasione – di partecipare ai loro concerti – è unica e irripetibile: alla fine del 2016 il gruppo terminerà il suo percorso, così come lo conosciamo. di Guido Biondi

 

Tanti gli appuntamenti live annunciati per i festeggiamenti del cinquantennale dei Pooh che vedranno la band protagonista negli stadi di Milano (10 e 11 giugno), Roma (15 giugno) e Messina (18 giugno) con Reunion – l’ultima notte insieme e a settembre all’Arena di Verona (8, 9 e 11 settembre) con tre concerti-evento insieme ad amici e colleghi per una grande festa della musica. Doppio sold out per i concerti di Milano e di Roma: a grande richiesta dei fan, aumentano le date del tour nei palasport con cui in autunno Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli, per la prima volta in una formazione a cinque, porteranno la loro musica nelle principali città italiane e incanteranno il pubblico con i loro più grandi successi del passato oltre a brani inediti scritti in occasione di queste celebrazioni. Queste le date confermate: il 13 settembre alla Fiera di Bergamo, il 28 e il 29 ottobre al Pala Sele di Eboli – Salerno, l’1 e il 2 novembre al Pala Florio di Bari, il 4 novembre al Palalottomatica di Roma, l’8 novembre all’ Unipol Arena di Bologna, l’ 11 novembre al Mediolanum Forum di Assago – Milano, il 18 e 19 novembre al Nelson Mandela Forum di Firenze, il 25 e il 26 novembre al PalaAlpitour di Torino. I biglietti si possono acquistare su www.ticketone.it e punti di vendita e prevendite abituali. È attualmente in rotazione radiofonica “Chi fermerà la musica”, lo storico brano dei Pooh del 1981 riarrangiato a cinque voci. Il video del brano è stato girato a sorpresa in Piazza Duomo a Milano dove i Pooh hanno iniziato a suonare all’improvviso davanti al sagrato del Duomo attirando numerosi fan e passanti; il video è diretto da Gaetano Morbioli. A settembre uscirà poi il disco, presentato da F&P Group e A1 Entertainment e distribuito da Sony Music, che raccoglierà immagini e brani di Reunion – l’ultima notte insieme oltre ad alcuni brani inediti per immortalare e far rivivere al pubblico l’emozione dei grandi eventi negli stadi. Il disco uscirà in versione 3 Cd e in versione 3 Cd + Dvd. Rtl 102.5 è media-partner. I festeggiamenti per il cinquantennale termineranno ufficialmente il 31 dicembre. Uno dei più allegri è senza dubbio Riccardo Fogli: “Quando ho ricevuto la telefonata dei miei amici mi è venuta una emozione fortissima e ho capito che sarebbe stata l’occasione giusta di riunirci. I concerti saranno – almeno per me, grande emotivo – sicuramente il momento per piangere dalla gioia”.

Vorrei chiederVi una sintesi del percorso che ha portato all’incredibile reunion con Stefano e Riccardo: tappe, dubbi, alti e bassi, primi segnali di incoraggiamento sino alla decisione di fare i concerti allo Stadio.
Roby:
Per il cinquantennale, ci siamo fatti questa grande promessa: se i Pooh fossero arrivati a questo traguardo impossibile avremmo festeggiato alla grande per concludere la nostra carriera nel migliore dei modi. Negli anni sessanta era difficile, la vita media di un gruppo era di tre-cinque anni, noi siamo arrivati a cinquanta e di per sé è straordinario. Come promessa per aver avuto questo grande regalo dovevamo finire tutti insieme. Ma come finire… Eravamo in tre, abbiamo deciso di chiudere con i personaggi che avevano fatto parte della nostra storia, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli. Ovviamente resta sempre un grande assente: Valerio Negrini, fondatore del gruppo e grande poeta dei Pooh; senza di lui i Pooh non sarebbero esistiti. Stefano e Riccardo andavano convinti. Due anni prima ho chiamato il manager di Riccardo spiegando l’idea e lui non mi ha lasciato neanche finire di parlare dicendo che sarebbe stato bellissimo. A distanza di un anno chiamai Riccardo che in qualche modo aveva già capito cosa stava accadendo e rispose semplicemente: “Ci sarà da piangere sul palco e giù dal palco”. Con Stefano è stato più difficile, aveva promesso al mondo che sarebbe sceso dal palco perché aveva finito di dire e di dare tutto a questo lavoro, voleva pensare alla sua vita, al di fuori dei Pooh. Gli parlai e all’inizio era titubante, non sapeva come giustificare questo ritorno al pubblico. Alla fine anche lui si è convinto ed è stato bellissimo. Da allora abbiamo iniziato questa meravigliosa avventura e tornare a suonare insieme è stato come non aver mai smesso. La sintonia è sempre la stessa.
Dodi: Da un po’ di tempo sentivamo l’esigenza di un grande evento che riunisse tutti i nostri sostenitori insieme a tutti coloro che hanno fatto parte della nostra storia. Ed ecco che – in occasione di un grande compleanno come il Cinquantennale – ci siamo presi una pausa di due anni per pensare e organizzare quello che credo sarà il più grande spettacolo di tutta la nostra storia. Devo dire che Riccardo ha accettato subito con entusiasmo la nostra proposta mentre, giustamente, Stefano ha voluto rifletterci bene anche per la mancanza di un grande pilastro come Valerio Negrini, nostro storico paroliere. Ma com’è sempre accaduto, una volta accettato, si è buttato con tutte le sue forze e il suo entusiasmo nel progetto. In verità la figura di Valerio è la più grande mancanza di questa reunion ma avvertiamo continuamente il suo spirito che ci guida e su quel palco ci sarà anche lui… Dentro di noi.
Red: Stefano è una persona molto onesta con gli altri e con se stesso, e quando, nel 2009 aveva deciso di andarsene, lo avevo fatto dopo un percorso di riflessioni molto serie. Siamo riusciti a riportarlo in pista solo per il fatto che era l’ultima tournée ed era giusto che anche lui venisse a chiudere il portone di questo castello bellissimo che insieme abbiamo costruito. Per quanto riguarda Riccardo era giusto richiudere il cerchio e ritrovarlo, visto che nella vita ha sempre continuato a fare questo mestiere, e anche molto bene; inoltre è rimasto un amico per tutti noi. Per me, in particolare, che l’ho scoperto solo ora, è diventato un fratello.
Ste: Festeggiare insieme i nostri 50 anni è un’idea che arriva da lontano. Ce lo eravamo promesso da sempre, forse voleva essere solo una scaramanzia e forse non pensavamo neanche noi che sarebbe mai stato possibile, ma gli anni sono passati veloci e fortunati tanto che lentamente avevamo cominciato a crederci anche noi Un paio d’anni fa, quell’antica promessa che era rimasta impolverata in qualche cassetto, si è riaffacciata prepotente; Roby, Dodi e Red ancora fortemente e splendidamente Pooh, a turno mi buttarono addosso l’idea di festeggiare in qualche modo i cinquant’anni anni di questa nostra band passata incolume attraverso mezzo secolo di musica. “Non puoi mancare” era il puntuale saluto che chiudeva ogni nostra chiacchera. Francamente non mi sentivo di rimettermi in pista tradendo in qualche modo quell’addio tanto commovente, quanto definitivo, che avevo promesso a me stesso e al mio pubblico sotto le luci del nostro ultimo concerto nel settembre del 2009. Ma da sempre la forza dei Pooh, quando credono in qualcosa, è irrefrenabile e il “non puoi mancare, … ci sarà anche Riccardo…”, alla fine, ha sortito il suo effetto. Iniziarono delle lunghe riunioni: partorimmo un’idea che, sapevamo, non aveva nessuna possibilità di essere remunerativa: due Concerti secchi nei due più grandi stadi d’Italia, San Siro a Milano e Olimpico a Roma per salutare il nostro pubblico e scendere per sempre dal nostro palco! Commenti degli addetti ai lavori: “un suicidio! Dove le andate a prendere centomila persone in due giorni? Non è più tempo di questi numeri”. Ma come accade spesso nelle favole le cose andarono e stanno andando diversamente.

Com’è l’atmosfera a registrare nuove versioni delle vostre celebri canzoni con Stefano e Riccardo? La chimica è sempre la stessa? Che tipo di emozioni state provando?
Pooh:
È una sensazione strana perché è come collaborare con persone che ci hanno vissuto da esterni nonostante siano di famiglia; per cui spesso hanno una visione più chiara di quella che avremmo noi… E questo fa un gran bene! Inoltre è un po’ come fare ogni volta i conti col nostro passato al quale spesso non pensiamo ma che è la parte più piena di emozioni della nostra vita a parte le nostre famiglie. La musica ha il potere travolgente di abbattere ogni barriera e cancellare anni di storia in un attimo! Ed è successo così, ci siamo messi agli strumenti ci siamo guardati e abbiamo fatto due prove e due tentativi e il pezzo cominciava a girare, a rotolare nel modo giusto. Certe magie non si possono spiegare, ma sono il segreto di una carriera come la nostra!
Sdo: Devo dire che ritrovarmi in studio con i miei colleghi mi ha dato da subito la sensazione che quei cinque anni vissuti lontano dai Pooh, non fossero mai esistiti. Tutto era perfettamente come sempre, e Riccardo, che mancava dal gruppo dal ’73, sembrava non essersene mai andato via, era come se il tempo si fosse fermato alle goliardie e agli entusiasmi dei nostri esordi. Emozionante e divertente, ma soprattutto irripetibile!

Come state preparando il concerto negli stadi di Milano e Roma? La scaletta è già stata decisa? Ci saranno ospiti a sorpresa? Ci sarà un filo narrativo?
Pooh:
Proprio in questi giorni stiamo perfezionando la scaletta. Devo dire che è stato un lavoro lungo e sofferto. Se si pensa che abbiamo inciso più di quattrocnto brani si capisce che non è facile lasciare a casa certe canzoni, soprattutto quando toccano l’emozionalità di qualcuno di noi. Un input è stato quello di pensare alla scaletta perfetta; quella che rispettasse oltre ai grandi successi tutte le sfaccettature della nostra maniera di fare musica, da quella rock a quella che affronta temi importanti, a quella che racconta i rapporti di coppia, fino al Prog, senza tralasciare il fatto che avremo quattro inediti di cui uno strumentale.
Sdo: Da settembre ai nostri giorni abbiamo cucito e disfatto la scaletta almeno venti volte, mi sono sentito una novella Penelope alle prese con dubbi e ripensamenti. Dovevamo mettere insieme il programma perfetto, ma ogni canzone che rimaneva fuori dalle tre ore che ci eravamo dati come tempo massimo del nostro concerto, era puntualmente un motivo di dibattito. Alla fine abbiamo selezionato cinquanta brani che saranno la nostra scaletta di addio e crediamo di aver inserito tutto il meglio che siamo riusciti a fare nei nostri lunghi anni di musica. Per gli ospiti ci siamo resi conto che non ci sarebbe stato spazio per gratificarli. Avrebbero forse interrotto quelle tre ore di musica serrata alla quale abbiamo dedicato quattro mesi di prove.

Moltissimi vostri colleghi vi considerano dei professionisti rigorosi e competenti a livello musicale. Avete portato per primi il Prog in Italia con alcuni dischi-capolavori. Guardando indietro alla vostra discografia cosa vi rende più orgogliosi e quali capitoli vorreste cambiare?
Pooh:
Beh intanto ringraziamo gli amici colleghi per le belle parole. Credo che una delle cose per cui essere orgogliosi del nostro lavoro è quella di aver portato avanti, sviluppandola per cinquant’anni, una nostra maniera di fare musica, al punto che ad oggi – piacciano o no -, i Pooh hanno un loro suono ben caratteristico e riconoscibile. C’è stato un periodo in cui ci siamo fatti prendere un po’ troppo dalla tecnologia e i nostri dischi suonavano un po’ freddini, ma abbiamo invertito la rotta tornando al nostro suono di band con influenze rock. Ogni disco ha un suo perché, ed è stato motivo di crescita, di maturazione da parte nostra. Nel corso della nostra storia, non siamo stati mai particolarmente attenti ai giudizi o alle lusinghe del nostro volubilissimo mondo, siamo andati dritti per la nostra strada e forse questa scelta che arriva da lontano, è stata la nostra fortuna. Ci siamo resi autonomi dalla discografica ufficiale sin da “tenera età”: siamo stati incoscientemente indipendenti per tutta la nostra carriere, inseguendo a ruota libera tutte le nostre curiosità, a volte facendoci anche male, ma anche in questi casi considerando i nostri scivoloni come “esperienze costruttive”. Credo che i Pooh abbiano avuto la grande fortuna di aver sempre dato il massimo: il nostro “professionismo declamato”, in fondo, è sempre stata la nostra normalità; non siamo mai riusciti a vedere il nostro lavoro in modo diverso da come lo andavamo facendo, per cui anche guardandoci indietro… Non c’è nulla di cui pentirci.

Ci sono nei vostri dischi solisti alcune canzoni che avreste voluto fossero dei Pooh? E, dopo questi appuntamenti del 2016, avete già in programma dei vostri progetti, magari sperimentali?
Dodi:
C’è un brano che fa pare del disco che ho realizzato l’anno scorso con Tommy Emmanuel che si chiama “Grazie” di cui oltre alla musica ho scritto il testo in cui ringrazio gli amici, le compagne che ho avuto e tutti coloro che grazie al mio lavoro ho avuto l’occasione di conoscere. Ecco credo che sia un concetto condivisibile anche dai miei amici Pooh. Sono tante le cose che vorrei e potrei fare dal 2017 in poi… Sicuramente progetti che mi facciano crescere e magari collaborazioni con artisti importanti, come con Vasco, Zucchero, Tommy, Mia Martini e tanti altri.
Red: Credo che quelle che noi scriviamo da soli, per i nostri dischi solisti, siano canzoni che non hanno quel tipo di coralità adatta alla band. Anche se abbiamo fatto alcune canzoni che potevano essere, viceversa, perfette per degli album solisti, in quanto molto personali ed intime: canzoni come “Pierre”, “Stare senza di te”, “Cinquanta primavere”, “L’altra donna” e tante altre. Ma credo che i Pooh, quando scrivono per i Pooh, principalmente pensino al gruppo ed è così che nasce quel suono e quella coralità che ci ha contraddistinto in tutti questi anni.
Sdo: Io non ho mai fatto dei dischi da solo, anche quando mi sono dedicato ai Musical ho sempre avuto accanto i miei “Amici per sempre” e nelle fortune che hanno accompagnato i miei lavori, di certo i Pooh hanno avuto una ruolo importante. Per il futuro, quando tornerò a fare il “Musicalaro”, che è stato mio ultimo domicilio conosciuto, di certo so che potrò contare, ancora una volta, sul nostro straordinario gruppo di lavoro.

Avete uno “zoccolo duro” di pubblico fedelissimo e siete fra i pochissimi artisti ad avere alcune generazioni insieme per i vostri concerti. Quali sono secondo voi le cose preferite del pubblico in un gruppo così longevo come il vostro, caso unico in Italia?
Dodi:
Crediamo che i Pooh rappresentino amicizia, impegno, positività e unione verso un obbiettivo comune. Il fatto di aver portato avanti il nostro gruppo, nonostante le defezioni di alcuni componenti, è stata una delle cose più belle. Significa che tutti siamo utili ma nessuno indispensabile quando la motivazione è importante. Poi è naturale, che continuando per tanti anni e – grazie al cielo -, con successo, le varie generazioni si siano aggiunte al folto pubblico che ci ha amato fin dall’inizio.
Sdo: La nostra musica è stata probabilmente la colonna sonora di tre o forse quattro generazioni e “il pubblico dei Pooh” a turno si è identificato nelle nostre piccole storie, quelle che raccontavano di sentimenti e di “amori” ma che nel tempo ha saputo apprezzare anche le nostre incursioni nel sociale, nell’attualità e nel quotidiano che andava cambiando. Un buon merito di questa “fedelizzazione” che ha reso “zoccolo duro” i nostri fan, è stato sicuramente il talento e le capacità letterarie di Negrini, il nostro poeta e autore delle più importanti canzoni del nostro repertorio e grande assente di questo nostro cinquantennale. Valerio era attento a tutte le evoluzioni della nostra Italia, aveva una visione del futuro estremamente illuminata e ha saputo affrontare, in epoche lontane e non sospette, argomenti scottanti e complicati, come l’omosessualità, la

prostituzione, l’immigrazione ed ancora gli eventi storici riletti con pacatezza, e le antiche leggende rivisitate con la voglia di dare nuovi valori ai miti del passato. Il tutto con un linguaggio accessibile e mai banale, impreziosito dalle straordinarie melodie di Facchinetti, Canzian e Battaglia. Credo che tutto questo abbia fatto la differenza e abbia trasformato il nostro pubblico, nel “popolo dei Pooh”. Valerio è stato il mio modello e se sono riuscito a raccontare le mie storie, e farle diventare canzoni dei Pooh, lo devo di certo a lui.

Le versioni updatate dei vostri successi suonano ancora meglio e hanno un suono più contemporaneo e compatto. Eppure non è facile ottenere l’attenzione dei network radiofonici, sempre distratti dalle hit di plastica anglosassoni. Penso alla versione nuova con Mario Biondi “Ci penserò domani”, a mio avviso una delle vostre canzoni più struggenti in una versione davvero magica. Perché secondo voi le radio

snobbano gli artisti che hanno fatto la storia della musica italiana?
Pooh:
In realtà le radio hanno accolto molto bene questa ondata di rinnovamento che abbiamo voluto dare alle nuove versioni di “Pensiero”, “Noi due nel mondo e nell’anima” e “Chi fermerà la musica”. Mah, credo sia un trend internazionale motivato più dalla voglia di novità che dalla voglia di sentire cose belle… A volte cambiamo la macchina anche se quella che abbiamo va benissimo… Risuonare oggi canzoni di almeno trent’anni fa è stato fantastico. Dodi ha dato con la sua chitarra una sferzata di nuova energia ad alcuni dei nostri brani storici e la stessa formula l’abbiamo applicata nell’arrangiare il repertorio dei nostri prossimi concerti. Affrontare il discorso delle radio che privilegiano o snobbano alcuni artisti sarebbe molto complicato. Ad oggi gli interessi dell’editoria radiofonica vanno spesso al di la dei talenti e della qualità, si privilegiano esclusive e l’antagonismo tra i diversi network porta a considerare “intrasmettibile” un brano che magari per un’altra radio è un gran successo. Non ci sono più le mezze stagioni!

Ci sarà un nuovo album a ridosso dei concerti negli stadi? O pensate a un disco dal vivo per l’occasione? Inserirete in scaletta anche i brani minori amati dai fan? Quali – a vostro avviso -, sono nel nostro Paese gli artisti che più vi assomigliano per gusto, tenacia e background? E infine, potete svelare qualche aneddoto accaduto nella vostra lunghissima e meravigliosa carriera?
Dodi:
Credo che i Modà e i Negramaro possano rappresentare a oggi lo spirito che ci ha animati e a loro, insieme a tutti i nuovi gruppi, facciamo i nostri auguri. Sento un’affinità fra la nostra musica e quella dei Muse che peraltro mi piacciono molto.
Red: Gli artisti internazionali che ancora si muovono nel mondo e hanno successo ci assomigliano tutti perché tutti siamo nati di un’epoca in cui si partiva veramente dal marciapiede, e dovevi farti le ossa sulle tue ossa. Non c’erano i talent a spianare la strada. In Italia ci sono artisti che con grande tenacia portano avanti il loro progetto, ma nominarne alcuni e lasciarne fuori altri non sarebbe carino!
Sdo: Credo che l’alchimia che ha dato vita al nostro gruppo sia abbastanza irripetibile. Quattro musicisti, di quattro città diverse, con quattro diverse identità, uniti da un unico progetto e casualmente portati per quello che nel tempo è diventato il ruolo “aziendale” di ciascuno di noi, non sia cosa facile da ricostruire. Ognuno di noi si sentiva appagato dalla propria funzione e non c’erano “sgomitamenti” o invasioni di campo. Le nostre leggendarie “regole di convivenza”, erano facilmente applicabili perché nessuno avrebbe voluto essere o fare quello che era o faceva l’altro. Sapevamo tenere separato il lato l’artistico da quello “manageriale”, il privato dal pubblico e soprattutto abbiamo sempre anteposto l’amicizia al business e questo è successo anche quando io decisi nel 2009 di scendere dalla nostra fortunata astronave. I miei colleghi non riuscivano a condividere questa mia scelta spericolata, ma alla fine compresero le mie esigenze e mi lasciarono andare, rimanendomi amici e continuando a volermi bene. Ecco, credo che una roba così, al di la dei talenti e della professionalità, sia difficilmente replicabile.
Dodi: A proposito di aneddoti: ricordo che Lucio Battisti lo incontravamo in un locale di Rimini dove si riunivano tutti i musicisti che lavoravano in riviera e spesso ci raccontava di sé. Lucio stesso, in occasione della finale del Cantagiro, mi chiese in prestito la mia chitarra perché non aveva portata la sua. Ai tempi io usavo una pelle di volpe come tracolla e quella sera la casa discografica di Lucio decise di fargli le foto per il suo nuovo disco… Me lo ritrovai simpaticamente con la mia pelliccia sulla spalla!
Red: Un giorno Vasco ci disse che veniva a vedere i nostri concerti, quando ancora era agli inizi, per capire come si facevano gli spettacoli grandi e importanti. Lorenzo Jovanotti invece si faceva portare dalla mamma al Palaeuro a Roma perché voleva vedere il gong di Stefano, quando era poco più che un bambino. Piero Pelù ci portò una sua cassettina audio da ascoltare mentre preparavamo un disco in Toscana, ma non gli dedicammo moltissima attenzione; peccato perché era uno forte e lo è ancora! È così via, chissà quante cose abbiamo involontariamente fatto, provocato e non siamo nemmeno venuti a conoscenza, ma questa è la vita: a ogni nostro gesto, a ogni nostro pensiero, corrisponde sempre una azione, una reazione nel mondo che ci circonda! Ecco perché bisogna stare attenti e muoversi con rispetto. Forse questo è stato il vero grande motivo del successo dei Pooh!
Sdo: Nel mio libro Confesso che ho stonato ci sono più di quattrocento pagine di incontri ed aneddoti, momenti esagerati e storie al limite del lecito, non saprei cosa prediligere per rispondere a questa domanda anche perché una biografia “autosputtanate” come quella che mi sono scritto addosso, lascia l’imbarazzo della scelta.

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