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LUCA TRAZZI: IL DESIGN, SECONDO ME

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Veronese, ha collaborato per 14 anni con Aldo Rossi. Lavora a Milano e Shangai, progetta oggetti “che non seguono le mode”: nell’intervista racconta cos’è veramente un designer.

 

La settimana internazionale del design è diventata, negli anni, il più importante appuntamento internazionale di Milano. Uno degli esponenti di spicco è l’Architetto e designer industriale Luca Trazzi, presente con le sue opere dal 12 al 17 aprile al Museo Diocesiano (Corso di Porta Ticinese 95, dalle 10 alle 24) con la mostra Cromataria e dall’11 al 17 aprile alle Gallerie d’Italia (Via Manzoni 10, dalle 19,30 alle 23,30) con Fili di luce. Nato a Verona nel 1962, ha lavorato per quattordici anni accanto ad Aldo Rossi, di cui è stato stretto collaboratore e assistente. Oggi si divide tra Milano e il suo studio a Shanghai; è inoltre il fondatore di designboom. com e progetta per i più prestigiosi marchi internazionali. Ama disegnare oggetti che non seguono le mode, facili da usare, da capire, belli da vedere. Parallelamente al design interpreta i luoghi, attraverso le installazioni: tra queste segnaliamo Cucù Duomo: l’orologio di Milano, a favore della Veneranda Fabbrica del Duomo; Yellow Tower per Veuve Clicquot, T garden e T energy, all’Università Statale di Milano; Nuvole d’oro, l’installazione luminosa realizzata nella storica via Dante a Milano. Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo percorso e di farci capire cos’è – per lui – il design: “Il mio lavoro è alimentato da una forte passione”, racconta Luca, “Mi piace iniziare citando il grande scrittore e visionario Italo Calvino: La vita di ognuno di noi è come un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti e di relazioni che si tessono e intrecciano in una tela. Una trama che conduce a divagazioni e ad aprirsi ad altre storie che al contempo tessono e si intrecciano tra loro e alla trama personale della nostra vita. Il design è vita, anima, racconto. E vorrei aggiungervi: Senza… gli eccessi per nulla somiglianti agli antichi splendori. Il designer progetta con la trama della propria vita, con ricordi, immagini, oggetti; ciascuno proprio, unico e irripetibile: il design è “il lusso” nascosto nell’anima. È l’eleganza autonoma come sostiene il grande esteta Gillo Dorfles. Il design è un linguaggio espressivo i cui cardini sono la leggerezza, la rapidità, la molteplicità, la visibilità e l’esattezza, come aveva anticipato Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Al centro dello spazio gli oggetti svelano un’anima perché protagonisti di una storia fatta di personaggi che li fanno vivere, ne tessono il loro racconto, la loro origine e riflettono i volti, le mani, la minuta dedizione, il tempo e il pensiero di chi li crea. Il mestiere del designer sta al centro tra il progetto e il mercato. Il concetto di mercato ha spesso una accezione negativa, dove il consumismo eccessivo crea le regole. Io invece ritengo che il mercato sia l’unica realtà: il vero banco di confronto fra il prodotto, immaginato, progettato e realizzato e i consumatori. Oggi la vera innovazione sta soltanto nella tecnologia: innova il nostro modo di vivere e il mercato. Il nuovo design è il rover Opportunity che va su Marte, è l’air bus, è l’Iphone. Ma in questo spazio-tempo tecnologico, dove ogni “pulviscolo”, come lo chiamo io, o tweet o pixel o social, ci comunica sempre qualcosa o ci impone qualcosa, ecco la possibilità di far nascere e vivere oggetti già nostri in una chiave più familiare e assolutamente personale. Mi riferisco a quelli che usiamo ogni giorno, che segnano i momenti delle nostre giornate. Il design torna ad essere vincente se impara ad accostarsi alla tecnologia, lasciando ad essa l’innovazione e portando invece più vicino a ciascuno di noi oggetti che ci appartengono emotivamente. La maturità di un vero progettista è sapersi adattare, non innamorarsi del proprio progetto ed essere pronti a modificarlo. Il nostro lavoro è notare cosa non funziona. Quando tutti si rassegnano ad un metodo, ad una standardizzazione… è lì che dobbiamo dare qualcosa di più. Nel campo del design ho progettato nella mia carriera per aziende anche molto distanti e diverse tra loro, ciascuna con una propria identità: Alfi, Audi, Chicco, Fiorucci, FrancisFrancis!, Fiat, Guzzini, Illy, Italesse, Kreon, Pedrini, Porsche, Plank, Martini, Swatch, SchönhuberFranchi, Viceversa, Wmf, Zucchetti Robotica, Barilla, Foppapedretti, Mr & Mrs Fragrance, Pantone, Serax, Zucchi Bassetti, Diamantini & Domeniconi, Moneta, Veuve Clicquot, Aperol, Campari. L’appartenenza emotiva è la fase progettuale del design. Io sono nato a Verona e mi sono laureato in architettura a Venezia. Dall’architettura ho appreso l’importanza dell’idea e del progetto che sta alla base di ogni creazione. Il mio grande Maestro Aldo Rossi mi ha insegnato proprio questo: progettare innanzitutto, dall’idea alla realizzazione. Da lui ho imparato a trasferire la visione del progetto architetturale agli oggetti. La fase progettuale è la trama della nostra vita: ecco tornare i ricordi, le radici, le emozioni, ecco nascere la Macchina da caffè dal ricordo del cruscotto della Fiat cinquecento, della mamma, che guidavo per andare in stazione, per poi prendere il locale fino a Venezia. Fiat 500 ancora oggi usata in famiglia, in circolazione baldanzosa con la sua targa di auto storica. Perfetto esempio di felice design ed efficace e duratura funzionalità. La macchina da caffè X1 per Francis Francis possiede un design semplice, accattivante caratterizzato dal termometro centrale e dagli interruttori in metallo, un design contro la moda che non invecchia, che ricorda alcuni dettagli del cruscotto della Fiat 500. Questo è il design e il lavoro di designer. In anni in cui nessuno ancora osava farlo, sono partito per la Cina, aprendo a Shanghai una succursale del mio studio. Non ho mai smesso, in questo viaggio progettuale che per me è il design, di adattarmi aggiustando il tiro, crescendo, con curiosità e passione. Per allargare gli orizzonti di pensiero ho fondato nel 2000 DesignBoom, il più importante e.zine sul design e dagli oggetti sono passato anche ad interpretare, in modo più artistico, i luoghi, attraverso le installazioni che rappresentano la mia più forte identità progettuale, la ‘messa in scena’, quasi in un teatro a cielo aperto, delle mie visioni e dei miei pensieri più profondi”.

 

LUCA TRAZZI architetto e designer industriale, è nato a Verona nel 1962. Insignito già in giovane età del premio Carlo Scarpa, ha lavorato per quattordici anni accanto ad Aldo Rossi, di cui è stato stretto collaboratore e assistente. Oggi si divide tra Milano e il suo studio a Shanghai; è inoltre il fondatore di designboom.com e progetta per i più prestigiosi marchi internazionali. Luca Trazzi ama disegnare oggetti che non seguono le mode, oggetti da toccare, accarezzare, oggetti che ci accompagnano nella giornata e nei nostri gesti quotidiani. Oggetti facili da usare, da capire, belli da vedere. Oggetti dalle forme semplici, accattivanti, linee che non passano di moda. L’attenzione al particolare e al dettaglio è la caratteristica che viene letta nel lavoro di Luca Trazzi. Parallelamente al design interpreta i luoghi, in modo artistico, attraverso le installazioni che rappresentano la ‘messa in scena’, quasi in un teatro a cielo aperto, delle sue visioni e dei suoi pensieri. In quest’ambito ricordiamo gli allestimenti: “Cucù Duomo: l’orologio di Milano”, a favore della Veneranda Fabbrica del Duomo, “Yellow Tower” per Veuve Clicquot, nel cortile principale dell’Università Statale di Milano, “T garden”, nel cortile principale dell’Università Statale di Milano, “T energy” nel cortile Farmacia dell’Università Statale di Milano, “Nuvole d’oro” l’installazione luminosa realizzata nella storica via Dante a Milano.

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