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DR. “THE FACE”. LIFTING: ANALISI INTROSPETTIVA

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Il volto, delle donne in particolare, è come un’ opera d’arte che non si dovrebbe modificare mai senza conoscere il progetto. di Antonio Distefano (Specialista in Chirurgia
Plastica Ricostruttiva ed Estetica)

 

Il volto, delle donne in particolare, è come un’ opera d’arte che non si dovrebbe modificare mai senza conoscere il progetto, l’idea dell’artista. Non dissimile è il lavoro del chirurgo plastico al quale parimenti si richiede non un cambiamento ma una correzione, un alleggerimento come fosse la pulizia e il restauro di un’opera d’arte di grande valore. Ogni volto ha una una struttura che il chirurgo deve osservare e analizzare molte volte per scegliere la tecnica più appropriata per un risultato consono alla sua forma e all’età della paziente. Ogni viso possiede uno scheletro, una muscolatura dalla quale d’impatto, istintivamente si riconosce non solo la sua storia ma anche la chiave corretta per poter intervenire efficacemente col massimo della naturalezza quasi da non indurre a fare, in chi ci osserva dopo l’intervento, la solita affermazione: “ Ha fatto qualcosa al viso, ha cambiato faccia”. In questo senso mi spaventa la leggerezza e la frettolosità con la quale alcune donne affidano la cura del proprio volto a coloro che possono sconvolgerne l’equilibrio dei lineamenti. Così come mi spaventano coloro che non solo pretendono di “cambiare” il proprio volto per essere più belli o seducenti ma che includono nell’intervento la risoluzione di disagi di altra origine. Un lifting non potrà mai convertire una persona timida ad una estroversa, una depressa ad una felice. Il lifting non determinerà un cambio radicale nella vita emozionale di una persona. Permetterà di amplificarne qualità , stati emotivi , passioni, istinti già presenti attraverso una maggiore autostima verso se stessi. Parimenti non illudiamoci di eliminare le borse di grasso sotto le palpebre o di far risalire il collo di 5 cm faticando 3 ore in palestra tutti i giorni, non mangiando o rinunciando ad un sano calice di vino al giorno, perché tutto questo non potrà lontanamente risanare gli inestetismi di un viso che ha perso tonicità e forma. Cosi come non bisogna illudersi che un sano lifting porterà indietro il tempo di 20 anni, riconquistando amori perduti, seminando cuori infranti o procurando avanzamenti di carriera perché questo parimenti non si verificherà. Il lifting è un atto d’amore solo verso se stessi. Una forma di rispetto, di relativismo dal quale si riparte per raggiungere un assoluto: il proprio Io. Un viaggio unico e meraviglioso che mai potrà avere eguali. L’imbarco verso un microcosmo dove chirurgo e paziente affronteranno insieme le gioie di una meta comune: l’approdo verso un macrocosmo nuovo. Non il perseguimento di una bellezza perfetta o idealizzata. La bellezza non sempre è sinonimo di perfezione perche la stessa è camaleontica ed evolutiva. La bellezza è anche imperfezione, valore che rende unico il volto di ogni persona, che amplificherà e che gli darà un valore aggiunto. E’erroneo ritenere che tutte le donne si sottopongano ad un lifting per frivolezza o per narcisismo. E’ plausibile che lo facciano anche per disagi della propria vita di relazione o per un istinto ancora vivo che reclama diverse necessità di conferma che famiglia e lavoro hanno intorpidito. Bisogni di concedersi degli spazi di “sano egoismo”. Cosa certa e di diversa origine è invece la difficoltà di saper invecchiare serenamente, indipendentemente da altri fattori. Presuppone sacrifici e molta volontà. Invecchiare male è tipico di moltissime persone; invecchiare al meglio non è impossibile ed è la richiesta sempre più crescente ma che non deve essere una missione obbligatoria e maniacale dal momento che i chirurghi possono fare molto ma non certamente miracoli. Ciò che personalmente mi impaurisce non è la tecnicità dell’intervento, la difficoltà della correzione ma “ l’angolo buio” che può celarsi dietro gli occhi delle pazienti. Un buon risultato sarà fallimentare se dietro ad esso si celerà una persona ombrosa , se la luce nei suoi occhi sarà spenta. Si può avere la stessa luce negli occhi a sessanta e settant’anni come a venti continuando a essere curiosi di ogni nuovo giorno perché a partire da una certa età il passato e il futuro sono solo desideri che non devono diventare una meta forzata. Volti stanchi e spesso timorosi che, nei colloqui con il chirurgo, non sono espressione di incertezze o di indecisioni della ferma volontà di invecchiare bene ma testimonial anche di paure come quella di non riconoscersi dopo l’intervento. Tengo a precisare che un moderno e corretto lifting vettoriale non può modificare nessun lineamento e che la paura è probabilmente legata alla abitudine della propria immagine che l’occhio ha scolpito dentro la nostra mente dalla quale non ci si vuole distaccare, inducendo nella paziente la falsa idea di una modifica e non di una correzione. Assuefarsi per troppi anni ad un viso appesantito, dove non si riconosce più il confine fra il contorno mandibolare e il collo, dove le guance si presentano incavate per il rilassamento dei muscoli mimici che si adagiano e si ripiegano nelle depressioni ossee dello scheletro facciale, fa perdere aderenza a ciò che allo specchio la paziente da una parte vede e riconosce come self ma che dall’ altra parte si scontra o con il desiderio di migliorare correggendone la pesantezza o con la non accettazione del tempo che passa (disconoscimento del proprio self ). Tutte ferite che offuscano la mente e che ogni chirurgo deve saper cucire lasciando nessun segno visibile possibile. Artista di un involucro saldamente legato ad un contenuto sano che non perderà la sua compattezza al minimo bradisismo, lontano da quella protezione che io medico chirurgo non potrò garantire quando, alla fine del viaggio, dovrò lasciare ogni paziente alla propria vita, alla curiosità di percepire ciò che dentro il proprio Sé dovrà ricominciare a vivere e a strutturare secondo livelli “altri” da quelli vissuti nel nostro viaggio. Livelli superiori che vigileranno per una vita inter relazionale più alta dove l’insicurezza per un addome non perfetto o un seno non conico verranno travolti da sovrastrutture che disintegreranno qualsiasi interferenza di uno specchio meno impietoso che non proietterà più quotidiani confronti obbligati. Il lifting come iter personalizzato che va oltre la pura correzione dell’eccesso muscolo-cutaneo, di un’ovale perduto o di un collo cadente e ondeggiante per agire più profondamente intervenendo su una migliore percezione dell’Io corporeo globale quasi a volersi liberare di una forma non più riconosciuta come “self “ ma che vuole intercettare una nuova essenza di sé. www.antoniodistefano.it

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